Historische Informationen von Giuseppe Beppino Dallacosta

Untenstehend folgen historische Informationen (in italienischer Sprache) gesammelt von Giuseppe Beppino Dallacosta.
Danke Beppino, dass du dein Wissen mit uns teilst.

LAGHETTI NELL'ANTICHITA' 

Di seguito alcune ipotesi sulla nascita del nostro paese Laghetti. Il nome come noto deriva da una etimologia tedesca e indica il nome di ''Lach'' o ''Loch' cioè pozzanghera. Era in effetti zona acquitrinosa. Dicevano che le grandi pozzanghere erano una in pineta ''alle barache” dove c'era una sorgente, un'altra sorgente, mi ricordo c'era pure vicino alla 'Casa granda dei Fonsi'' ed anche a fianco della discoteca ed a sud della cesa vecia c'era dell'acqua stagnante. I nostri vecchi ci dicevano, quando volevamo fare i monelli nell'acqua ferma in strada: ''vei  for dala 'loca' che te bagnes i pei''. Ecco l’etimologia di Laghetti tramandata dalle vecchie generazioni.
Sin dal 1050 quando i frati Benedettini viaggiavano da Roma per tornare in Germania scrivevano con meticolosità le difficoltà incontrate durante il tragitto ed accennavano alle zone paludose a nord si Salorno ed erano costretti a salire sulle montagne nominando un ponte,forse quello romano che attraversavano per scendere a valle, ma erano costretti a rifare il percorso in quanto l'acqua a fondo valle non permetteva loro il passaggio e ritornavano in quota passando forse da Cauria per proseguire verso nord e ridiscendere ove possibile. Non so se il borgo, forse longobardo, a S. Floriano (situato a valle del villaggio ex Enel) a quel tempo fosse già stato coperto dalla slavina del monte Matrudta. Mi ricordo quando negli anni '70 vennero alla luce durante gli scavi per le nuove costruzioni edilizie, diversi reperti archeologici molto interessanti. Osservando la montagna a nord del ''crozz dele undese'' si nota dal conoide sottostante quante rocce detriti franarono arrivando fino al fiume Adige, il quale transitava vicino all'attuale bella chiesetta, proprio di S. Floriano la quale fu eretta in seguito, sembra nel 1188.
Eppure Laghetti nacque nonostante l'acqua, forse malsana per le zanzare. Di terra coltivabile ne aveva poca, i conoidi soprastanti erano formati da ghiaioni (non come al lato opposto della valle dove le colline davano continuità produttiva nelle coltivazioni). Da noi invece il fiume non lasciava tranquilli. Lui nacque come crocevia di strade ed appunto quella che porta a Cauria e Pochi era una via di fornitura di una importante materia, il legname, come attività economica di primaria importanza. Se osserviamo Salorno p.es. è in una posizione ombreggiata (sembra derivi dal latino Solis Urna (tomba del sole)) eppure, forse aiutata dal Castello Haderburg (castello dei litigi) ha avuto un notevole sviluppo commerciale, dovuto al ponte di attraversamento del fiume, come mi dice Vigilio Mattevi bravo scrittore salorener. Nel medioevo, i ponti di attraversamento del fiume c'erano solo a Trento e Bolzano, oltre Salorno; poi verso il 1450 ne venne costruito uno ad Egna a seguito dell'incremento commerciale soprattutto del legname proveniente dalla Magnifica comunità di Fiemme. Venezia in quei secoli era una potenza marinara ed aveva grande necessità di legno in genere; continuava ad espandersi, doveva costruire di continuo su palafitte ed il larice, come noto, è legno molto longevo nelle costruzioni subacquee. 
Ecco Laghetti con la sua ''Raif'' (vicino ai campi da tennis) era un punto di deposito e di imbarco di quella preziosa materia prima. 

IL CUORE DEL TRAFFICO COMMERCIALE A LAGHETTI 

El cortìo, così noi lo chiamavamo il tratto di percorso tra i due archi. Su quello posto a Sud si noti l'anno 1688, le due lettere A ed E oltre allo stemma ecclesiale. Quella zona di passaggio per noi ragazzini era un incubo; c'era sempre el 'Gianet' che non ci lasciava transitare, lo riteneva di sua proprietà. Lo chiamavamo, in senso denigratorio ''el macia'', aveva una voglia sul viso.
Ho provato a ricercare tra vecchie pubblicazioni, ma non ho ottenuto precise indicazioni. Laghetti a quel tempo aveva 5 masi, tutti con nomi tedeschi di cui uno era ALTBACH; forse la A di cui sopra è riferita a quel nome e lo stemma di chiesa è appartenuto alla famiglia Bachl, che forniva costantemente curatori d'anime.
I trasporti provenienti da nord si mantenevano in quota per poi scendere al vecchio pozzo passando dalla strada, ora privata, proveniente dal maso Veronesi o dal sottoportico di casa Remo Zanotti; ma chi doveva pernottare e custodire il carico in transito entrava dal ''cortìo''. Lì sicuramente c'era assistenza tecnica quale ad esempio il maniscalco-fabbro per cambiare i ferri agli zoccoli dei buoi o cavalli oppure eseguire qualche riparazione al mezzo di trasporto. Sicuramente ci sarà stata una locanda di ristoro per viandanti e carrettieri ed anche stanzoni dove pernottare. A mio parare era una specie di serraglio provvisto di cancelli alle due estremità (agli archi) in modo da evitare furti o manomissioni ai carichi durante il riposo notturno. Non mancavano ovviamente le stalle dove foraggiare il bestiame da tiro dei carri o il noleggio di cavalli, qualora vi fossero state indisposizioni di questi ultimi. Ritengo che l'attuale casa Anegg fosse stata la costruzione principale, dove passava da lì nel campo degli affari e dell'amministrazione. Quando di sera da bambino entravo in quella casa a prendere ''el celet del lat'' avevo sempre un pò di paura in quanto le scale piuttosto ripide non erano illuminate e scendendo c'era una porticina rivestita di ferro e mi dicevano che dentro lì sistemavano qualche galeotto in trasferta magari da un carcere all'altro e per evitarne la fuga lo rinchiudevano al sicuro. Ma in quella casa forse, fungeva come una banca dove venivano depositate cose di valore o denaro. C'era poi il servizio postale gestito dalla famiglia ''De Taxis'. Ebbe l'appalto dall'Imperatore Massimiliano fin dal 1500 e il servizio durò per oltre tre secoli, cioè finché non arrivò la ferrovia che stravolse il sistema dei trasporti tra stati. Il centro di smistamento era Egna, però anche Laghetti con le sue deviazione verso la montagna in caso di interruzione a causa dell'acqua alta aveva la sua importanza. Laghetti era come attualmente si dice un ''interporto'', abitato da poche famiglie tedesche originarie di Salorno o Egna e l'attività principale erano i trasporti. Il suo ripopolamento avvenne più tardi. 

BREVE RICERCA SUI TRANSITI, ATTRAVERSO I NOSTRI PAESI, DI NOBILI, RELIGIOSI E NOTABILI DI ALTO RANGO NEL 1600

Scorrendo un corposo volume uscito da poco e scritto da Osti (nato ad Egna), ho notato con molto interesse come durante i viaggi descrivevano accuratamente in quel secolo le località in transito.
Quelli che provenivano da sud, quando giungevano in carrozza o via fluviale (se l'Adige era calmo) con barche trainate da buoi, giunti a Salorno, sostavano per mangiare e dormire; c'erano delle locande riscaldate. Descrivevano il paese 'scuro' (c'era poco sole) e se qualcuno voleva vedere il castello dei conti veneziani Zenobio, castello Haderburg = castel dele beghe, già disabitato in quel secolo, in paese sconsigliavano di visitarlo in quanto era frequentato da ''spiriti''; in quel secolo c'era pure la caccia alle streghe da inquisire e condannare. Probabilmente qualche balordo si divertiva a spaventare le persone. A Salorno sentivano già parlare un'altra lingua (non erano ancora avvenuti gli scollinamenti delle popolazioni cembrane che portarono la loro lingua; in seguito nacque il/la “Salurnersproch”).
Proseguendo verso nord si arrivava a Neumarkt dove c'erano alloggi e locande confortevoli con buoni cibi e vini. Quando transitavano per esempio delle principesse italiane di 16-18 anni, da maritare a regnanti del nord Europa, avevano un seguito di oltre 200 persone, comprese guardie ben armate, ad Egna riuscivano a sistemarsi tutti. Molte ragazzine nobili dei vari ducati italiani sono andate in spose a tedeschi di alto rango (probabilmente erano le più belle in quel secolo).
Laag o Laach purtroppo non sono riuscito a leggerlo nemmeno una volta. In quel tempo era un borgo piccolo da soddisfare a malapena i trasportatori con merci e cambio cavalli; non aveva strutture recettive adatte a persone di certo rango. La chiesa di S. Lorenzo, pur essendo del 1532, non sempre era aperta per le funzioni, dipendeva da Salorno ed appunto lì i prelati in transito facevano le loro funzioni. 
Apro una parentesi: nel 1517 ci fu la riforma di Lutero e sembra che lo stesso nel 1511 abbia soggiornato a Salorno durante un viaggio su Roma per notificare la nuova corrente religiosa. Vicino a casa Bertoldi, ex autorecuperi, c'è una vecchia costruzione ancora intatta ed appunto lì eseguivano le funzioni religiose protestanti che la chiesa cattolica non ammetteva. Chi veniva scoperto era punito anche con la morte.
Pure Auer non viene nominata, invece Bronzolo si; aveva il porto fluviale più importante da Bolzano a Trento. Proseguendo verso nord vengono nominate Laives, Bolzano, Chiusa, Bressanone, Vipiteno, e Matrei.
Per i transiti da nord a sud i trasporti di persone erano più soft; con l'Adige tranquillo ci si imbarcava a Bronzolo su zatteroni per giungere a Trento o Borgo Sacco vicino a Rovereto, Ala, Verona ecc.. 
Se il tempo era cattivo con acque turbolenti era rischioso avventurarsi specie se con bambini al seguito; le barche andavano a sbattere contro le rocce a rischio di naufragio. Era meglio ripiegare su carrozze col rischio di rimanere comunque impantanati.
Non so se furono i Boscheri i primi a Laghetti nel gestire la locanda nella seconda metà del 1800, che comunque non era adatta a nobili.

UNA FAMIGLIA BENEFATTRICE A LAGHETTI

La famiglia BACHL di Salorno aveva messo radici dal 1600 circa acquistando maso Sebastian ceduto poi ai Feigenputz, maso attiguo ai bagolari. Nel 1659 nacque Josef, figlio di Anton Bachl. Josef fu il primo curatore d'anime stabilmente a Laghetti a seguito della lamentela degli abitanti del paese per doversi recare quasi sempre a Salorno ad assistere alle funzioni religiose. Nei decenni successivi quella dinastia offrì altri curatori d'anime poi venne creata una fondazione Bachl a beneficio della chiesa di Laghetti che provvedeva ad aiutare persone in difficoltà, all'istruzione dei bambini, sostenere economicamente le varie manutenzione della chiesa stessa ed al rinnovo periodico degli arredi ecclesiastici. Fu insomma una famiglia importante per il paese. L'ultimo dei Bachl era medico a Nalles e si chiamava pure lui Josef. La fondazione venne incamerata dalla Fondazione Colombana che a sua volta nel 1927 venne assorbita dalla congregazione Carità di Egna. Non so dove abitasse la dinastia Bachl a Laghetti dove visse per almeno due secoli. Fu sicuramente sfortunata osservando la lapide incastonata sulla facciata a sinistra della porta della chiesa S. Lorenzo scritta in gotico-tedesco che dice testualmente:
''Qui giace bennato signor Josef Bachl, giurista diplomato, e possidente in questo luogo. Il giorno 9 dicembre 1836 all'età di 28 anni, dopo aver assunto i SS. Sacramenti, egli ha seguito nella miglior vita il suo amato padre Josef Maria Bachl, il quale alla stessa età di 28 anni, il giorno 28 giugno 1816 lasciò le cose terrene. Chiediti, al cospetto di questa pietra di dolore: A cosa la ricchezza, a cosa degli anni in fiore! Solo l'onestà e del loro cuore la bontà li accompagnò a miglior vita nell'aldilà." 
E' un'epigrafe molto toccante. Fu un destino atroce; ambedue, padre e figlio morirono a soli 28 anni. Il figlio scomparve nel 1836, lo stesso anno in cui in Trentino imperversava il colera, epidemia molto contagiosa causata dalle secrezioni umane dove si annidava il vibrione. Il contagiato non aveva scampo, il colpito perdeva anche 10 litri al giorno di liquidi organici e finiva la propria vita con dolori atroci. E' una mia personale considerazione, ma se il contagio fosse giunto in paese chissà quanti subirono quella pietosa sorte. L'unica cosa da fare era abbandonare la propria casa e chiedere ospitalità altrove.
L'epidemia dopo poco tempo scompariva e non conoscendone le cause, a ringraziamento dello scampato pericolo, i fedeli costruivano dei capitelli; uno, ad esempio, c'è a sud del paese vicino a casa Girardi. Se dedicato a S. Rocco, protettore degli appestati, significa che il colera arrivò pure qui. 

QUALCOSA DA NARRARE SULLA ''CESA VECIA''

Spulciando qua e là dei vecchi testi e siccome sono stato l'ultimo ad essere battezzato nella chiesa di S. Lorenzo (come dichiarato da Rolando Boscheri) ho pensato di raccontare qualcosa sulla sua origine.
Solo nel 1904 si seppe quando venne consacrata la prima chiesa di Laghetti; don Luigi Colombana, allora parroco del paese, aveva trovato nel sepolcro dell'altar maggiore la pergamena datata 1532 firmata da Vascherio su ordine del principe Vescovo di Trento Bernardo Clesio. La chiesa era dedicata ai 14 santi ausiliatori e solo durante il recente restauro, se non erro, sono venuti alla luce e ben evidenziati sulle pareti interne della chiesa stessa. Era in voga, durante quel periodo, dedicare ai 14 santi le chiese, affinché proteggessero la popolazione da guerre, pestilenze e fame molto conosciute in quel periodo. Già dal secolo precedente nella bassa Germania c'erano diverse chiese dedicate a detti santi. Allora vi furono molti spostamenti di eserciti in transito per far guerra nella pianura padana, lasciando una scia di terrore e malattie di ogni tipo. Da non sottovalutare, c'era pure la rivolta dei contadini nel 1524-25 e soppressa dal Clesio, il quale fece eliminare i capi (vedi p.es. Gaismayr) dopo atroci torture. Non meno importante era la nuova religione Luterana e anabattista in voga da diversi anni in Germania, che si propagava a macchia d'olio giungendo ad Egna e Salorno dove c'era un luogo di culto (esiste tutt'ora il vecchio edificio a fianco di casa Bertoldi auto recuperi vicino alla montagna). Laghetti a quel tempo era un borgo con poche anime, era una stazione per il cambio di cavalli ed un crocevia di strade. Una di queste portava a sud, alluvioni permettendo, altrimenti si doveva salire verso maso Risser, proseguire per Pochi, val di Cembra ecc.  Laghetti non aveva chiesa e se qualcuno moriva doveva essere inumato a Salorno. Gli addetti al trasporto della salma, portavano il feretro fino al capitello di Carnedo ''Granait'' che a quel tempo la chiamavano ''del crocefisso''. Poi, gli addetti di Salorno la portavano nel proprio cimitero. Solo dopo la costruzione della chiesetta i defunti di Laghetti poterono riposare nel proprio paese, attorno alla chiesa poiché non era stato costruito ancora il cimitero. Le celebrazioni delle messe non venivano fatte ogni domenica ma ogni tanto, tutto dipendeva dalla disponibilità da parte della parrocchia di Salorno. Il Clesio, narrano, più che Vescovo era un gran politico, fiduciario dell'imperatore tedesco Massimiliano I e pensò bene a catechizzare il nostro paesello, attorniato da pozzanghere, ancorando una chiesetta ad uno spuntone di roccia (si nota bene alla base del campanile) affinché qualche alluvione non la facesse crollare. Temeva forse che quella nuova corrente religiosa si impadronisse del piccolo borgo. Il Clesio era un grande stratega ed ambizioso. Preparava il terreno per un concilio tra le varie correnti religiose che iniziò nel 1545 però lui morì sei anni prima a 54 anni. Una curiosità, non si mostrava mai in pubblico; aveva una malattia, allora incurabile, che gli sfigurava il viso (la sifilide) ed ascoltava la messa nella cappella sottostante il suo ufficio mediante un foro praticato nel soffitto (v. Castello del Buon Consiglio TN). Solo verso il 1620 la 'cesa vecia' cambiò patrono cioè S.Lorenzo. Probabilmente in quel secolo ci fu un periodo di pace e non c'era più bisogno dei santi ausiliatori.

LE PRIME UTENZE A LAGHETTI (ACQUA ED ENERGIA ELETTRICA)

Energia elettrica
Ho osservato con particolare attenzione la foto qui riprodotta dove c'è ritratto mio nonno Bepi Boscheri allora capo frazione di Laghetti (il sindaco era chiamato Podestà) assieme ad alte autorità e rappresentanti del regime. Le due signore col cappello alla sinistra del nonno erano men che meno le principesse di casa Savoia, figlie del re Vittorio Emanuele III. Quella col cappello grigio era Giovanna Elisabetta (1907-2000) e col cappello bianco (forse) Jolanda Margherita (1901-1986). Probabilmente fu l'inaugurazione del nuovo asilo infantile (a fianco della porta d'ingresso della scuola c'è un cartello che riporta la stessa scritta). Da una mia personale deduzione penso che quella cerimonia avvenne in concomitanza con il cosiddetto arrivo dell'energia elettrica e cioè nel 1928. Fu un grande evento, forse non ci rendiamo conto degli effetti di quella miglioria tecnologica: le donne potevano ricamare o (repezar calzoti) di sera con luce più intensa. La tariffa di applicazione era un tot a lampadina.
L'Acquedotto
Mio nonno Bepi raccontava che l'acquedotto nacque nel 1911. Il paese si stava ingrandendo soprattutto a lato nord oltre l'attuale chiesa parrocchiale. Proprio in quell'anno lui costruì la sua casa (rimasta tal quale come ora). Doveva finire l'era del ''bazilon'' (legno ricurvo, elastico per portare due secchi d'acqua a mo di bilancia) con il sacrificio delle donne che dovevano recarsi alla fontana più volte al giorno. Il prelievo avvenne, come noto in località Seghe (sopra il ponte romano), sicuramente in passato ci sarà stata la segheria, magari di tipo veneziano molto belle da vedere in funzione con la forza dell'acqua.
Venne fatto un fosso per la posa dei tubi da lì fino a Laghetti, per poi risalire all'attuale località ''acqua bona'' dove fu costruito un serbatoio di contenimento detto ''riservar'' per garantire la continuità e pressione dell'acqua stessa. Tutti i capi famiglie del paese si organizzarono ed ognuno di loro doveva garantire almeno 100 metri di scavo. Fu una grande conquista soprattutto femminile. Potersi lavare giornalmente con l'acqua in casa era un grande piacere; oppure settimanalmente in cucina al caldo potersi fare il bagno in una ''orna di legno'' era il massimo, soprattutto per le donne molto attente all'igiene personale. La tariffa applicata era di un tot a rubinetto.
Passarono altri 50 anni prima di avere gli attuali servizi igienici.

CANZONE MULTIETNICA

Canzone multietnica cantata nell'800 da lavoratori italiani e tedeschi durante i ripristini dei fiumi in Alto Adige. Forse erano anche ''Aizemponeri'' più precisamente addetti alle costruzioni delle massicciate della linea ferroviaria del Brennero.

Wir kommen von Trentino
das wissen sie gewiss
wo trinken guter Vino
wo man Polenta isst.
Wo bluhen die Zitronen
und die Orangen auch
wir kommen von Trentino
mit einem leeren Bauch.
Wir sein die Fratelli Moretti
wir picken in Klausen Kanal,
wir picken und schaufeln Karetti
das war uns ganz egal.
Wir sitzen in Vipiteno
in einem Gastlokal
wo man die Mora spielen,
das Spiel ist molto fein
wir haben Spektakel mochen,
wir haben karettiert
wir haben mussen lochen
wir haben kein Quartier!

QUALCHE INFORMAZIONE SULLA VITA DI COPPIA OLTRE CENT'ANNI FA (IN RAFFRONTO AD OGGI)

A quel tempo l'attività lavorativa da noi era prettamente contadina e la forza per lavorare la terra era data da energia muscolare del bestiame e dell'uomo come pure la donna, pur avendo minore energia fisica; quest'ultima possiede la forza che l'uomo per sua natura non ha. Chi comandava era l'uomo, il marito, con un potere indiscusso. Anche il nonno voleva ancora comandare, sbattendo magari il bastone sul tavolo, ma il tempo per lui era passato anche se non voleva sentir ragione ed era un problema metterlo in disparte. Il marito era un'autorità in famiglia e pretendeva dalla moglie e dai figli che gli venisse dato del ''voi '' quando gli rivolgevano la parola mentre lui dava ovviamente del ''tu''. Mio nonno Bepi disse in proposito di essere stato il primo in paese a non pretendere quella forma di sudditanza dalla propria famiglia. La donna a quel tempo doveva sfoderare tutta l'astuzia per magari farsi perdonare qualcosa che al marito non andava a genio o per magari nascondere delle marachelle commesse dai figli. Allora la vita era grama e la difficoltà per sbarcare il lunario erano molte. Se la sera il marito tornava dal lavoro molto stanco e magari aveva fatto sosta in qualche bettola con qualche bicchiere di troppo erano guai; la moglie doveva per forza di cose tranquillizzare l'ambiente.
All'alba la moglie si svegliava ed al suo marito di nome Pietro diceva ''Tolè Pero,se no me dropao vago a fieterar la vaca e dopo lo mongio''. Ecco com'era servizievole la donna di allora. Capitava che lui continuasse a tenerle il broncio e non sapeva il perché; e perseverava ad implorarlo dicendogli ''Sentime, mi ve amo e Voi... me amao?'''. Poi finalmente il disgelo avveniva ... nel grande lettone... sistemando in culla l'ultimo arrivato, parcheggiato tra loro due per la poppata serale. Avevo il nonno paterno che dichiarava apertamente ''El  let l'è el paradis dei poreti''.
Pensando alle donne di allora ed ai sacrifici sopportati nell'allevare una caterva di figli, far da mangiare, accudire il bestiame di casa e se avanzava tempo, aiutare l'uomo in campagna; oggi quei ritmi sarebbero inimmaginabili. La donna, a quei tempi, era considerata il ''sesso debole''; si è riscontrato invece che la donna ha della forza che l'uomo non ha e ciò si è notato nei tempi dell'energia data dalle macchine e dalla tecnologia in generale: La donna di oggi, ad esempio, è un'ottima guidatrice di TIR o di carrelli elevatori. Lei ha i riflessi più pronti dell'uomo proprio per la sua indole. Lei si è accorta ben presto che poteva far concorrenza all'amico maschio. Negli anni '70 mi ricordo delle donne che dichiaravano apertamente ''L'om  senza dona lè come en asen senza ''comacio''.

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA DELLA REIF - DEL 1950 circa

A fianco due foto di detta località.
Una è stata scattata ritengo da un appassionato di fotografia, che ha avuto la forza di arrampicarsi su uno dei tralicci di legno, che noi chiamavamo i ''cavaloni'', il quale sosteneva sia i 2 cavi portanti della teleferica mediante delle ''pipe'' in acciaio agganciate alla trave superiore sia i cavi trainanti che scorrevano su delle carrucole come ben visibili nella foto successiva. Detto traliccio che ora non c’è più era posizionato nei pressi dell'attuale ripetitore, qualche decina di metri alla sua sinistra guardando la montagna, a bordo roccia. Ecco come si presentavano le grandi cataste di tronchi (bore) da trasportare in segheria; si vede casa Lazzeri che forse erano i proprietari dei boschi di Cauria da dove proveniva il legname ed infine in bella evidenza la chiesa di S. Lorenzo con attiguo il suo antico cimitero.
Nella seconda foto eccovi l'arrivo della teleferica che era posizionata come noto subito sopra i campi da tennis. Gli operai addetti allo scarico ed accatastamento delle ''bore'' comandati penso da Bepi Bortolotti e suo figlio erano provvisti del noto attrezzo chiamato ''zapin'' per manovrare il legname. Per quel lavoro, da come mi ricordo, ci voleva buona forza muscolare, agilità per scansare i movimenti imprevisti dei tronchi stessi e molto occhio nel prevedere i pericoli di ogni sorta soprattutto se il legname era bagnato o ghiacciato; bastava un attimo di disattenzione per subire seri danni fisici.
Si nota la ruota in acciai o che trascinava il cavo trainante. Sicuramente erano tutto componenti, cavi compresi, recuperati dalle teleferiche austriache della Prima guerra mondiale.
Mi ricordo quando d'estate gironzolavo nei pressi della teleferica ed osservavo una mamma con i suoi due figlioletti che venivano caricati su una barcella della teleferica ed andavano ai ''freschi'' in Cauria; probabilmente i due bambini erano Alfred e Romy Bortolotti.

IL MULO E STORIE CORRELATE 

Il mulo, dato dall'incrocio tra maschio asino e cavalla (se l'accoppiamento è al contrario si chiama bardotto).
In tempo di guerra soprattutto cento anni fa, è stato un animale molto importante per il trasporto dei materiali bellici soprattutto su terreni scoscesi ed in presenza di precipizi; infatti, non soffre di vertigini al contrario del cavallo. E poi per sua struttura è molto forte ed obbediente.  La gente a volte diceva: “El laora come en mul” cioè una persona instancabile. C'è però anche il rovescio della medaglia; se qualcuno lo tormentava, i calci dell’asino erano terribili. Esisteva in proposito il detto: “Da l'asen e dal mul staghe lontan tre passi dal.. cul.”  Nei rapporti di coppia capita che lui le dica: “Cossa gas ancoi  da far el MUL” (come al solito le donne si mettono sulla difensiva) e lei gli risponde: “L'è ti  che ses na grosa”. Lui  grida: “Ma dai calmete en moment” e lei: “Varda che torno da me mamma!!”. Lui: “Ma se  lei nada en ferie.... no so con chi!!”. Ed avanti col battibecco.   Poi la sera si coricano nel lettone ... el MUL el passa ...  

EL''BECK'' E LE SO STORIE

Il nome ''beck'' deriva dal tedesco, Bock; in italiano è il ''maschio caprone''. Questo mammifero è tante volte collegato alla sessualità degli umani; è pure noto per la sua puzza.
Una volta a Laghetti c'era ''el beck de la Croata'' e le capre del paese venivano condotte da lei per l'inseminazione. Una volta i bagni non esistevano e se qualcuno passando per strada lasciava una scia di odore umano si diceva: ''el spuza come el beck de la Croata''.
Da noi quando un giovane era sessualmente molto attivo dicevano ''quel lì l'e en bon beck''. Nel linguaggio italiano invece quando uno è ''becco'' significa cornuto. Da noi invece quando una donna ''l'è na beca'' significa che, se presa in giro, diventa aggressiva soprattutto di lingua.
Capitava a volte, nei paesi, che le mamme andassero dalle conoscenti a lamentarsi perché uno dei loro figli maschi infastidiva in modo pressante la propria figlia. La mamma dei maschi non accettava tale osservazione e le rispondeva in tono deciso: '' mi molo fora i me bechi e voi tegnì a casa le vosse caore''.

CHE BEL NAR EN TEL LET CON LA ''MONEGA'' CALDA 

Un tempo le case avevano le cucine esposte al sole mentre le camere da letto erano a nord; una volta gli inverni erano più freddi degli attuali; il riscaldamento non esisteva e quando si andava a dormire, i letti, in pieno inverno, venivano scaldati con un’attrezzatura piuttosto complessa. Questo prima che arrivassero le ''scaldine'' riempite ad acqua calda.
Lo scaldaletto era un recipiente in rame, con manico lungo che aveva un coperchio forellato.
Il rame si sa è un ottimo conduttore di calore e detto contenitore veniva riempito di ''brase'' ancora rosse.
C'era poi una struttura di legno ricurvo a 4 lati, la cui base era metallica. La si metteva sopra il contenitore caldissimo ed il tutto veniva posto al centro del letto matrimoniale, si copriva con le coperte (o piumino chi aveva la fortuna di possederlo). La struttura in legno serviva per evitare incendi. A vedere la sagoma voluminosa del letto sembrava proprio il saio di una monaca. Ecco da dove ha preso il nome.

LE CALZATURE RURALI DI UN TEMPO

“Meio ciapar 'na peada cole pocene che coi zocoi”, così dicevano una volta. Le pantofole le portavano le mamme durante i lavori di casa oppure i nonni con i piedi infreddoliti dall'età. Infatti, quando dicevano “L'ha voltà su le pocene” voleva dire che era passato a miglior vita.
Ma tornando ai “zocoi”, classica suola in legno con tomaia di cuoio (coram) adatta ai lavori faticosi in stalla, per “governa” le bestie oppure nei boschi per raccoglier fieno legna ecc.; in quel caso, per evitare scivoloni venivano dotati di chiodi a zappa, sagomati in modo particolare (come usavano i soldati): la gomma non esisteva. Tenevano caldo e proteggevano i piedi. Il problema era quando si doveva correre, venivano..... i piedi piatti a causa della suola rigida. Esiste un bel film del 1982 intitolato “L'albero degli zoccoli” che racconta di un padre che tagliò furtivamente un pioppo per ricavarne gli zoccoli al proprio figlio per poter andare a scuola.  Qualcuno fece la spia e venne cacciato dal conte con tutta la famiglia dalla fattoria dove lavorava.
In trentino sia chiamano “le sgalmere”.
A proposito di conte, vicino a me viveva una contessina (piccola di statura) che sposò un pilota d'aerei da guerra. Le donne ricche amavano sposare eroi o uomini coraggiosi, si sentivano più protette. Quell'uomo, sanza titolo onorifico, lo chiamavano “El conte sgalmera” in quanto aveva intrapreso l'attività di allevare galline e giornalmente puliva i pollai indossando appunto i “zocoi”. I paesani gli avevano appioppato quel nomignolo forse per invidia.
Diverse dinastie nobiliari sono scomparse per la troppa ricchezza a causa del gioco, alcol e donne (extra); un detto dice “Quando la serva la se senta su la carega, la la spaca o la la sbrega” ormai si era alla fine di un ciclo. Ci sono quelli che hanno portato i zocoi fino a ieri e poi si sono arricchiti; sono i cosiddetti “Pioci rifati” e sono i peggiori di quelli nati benestanti.  C'è anche lo “zoccolo duro” della politica.

Weitere Artikel

Publikation Ze Lage – Lebendige Geschichte
Erzählungen von Giuseppe Beppino Dallacosta - Kindheitserinnerungen - Teil 1
Erzählungen von Giuseppe Beppino Dallacosta - Kindheitserinnerungen - Teil 2
Erzählungen von Giuseppe Beppino Dallacosta – Laager - Teil 1
Erzählungen von Giuseppe Beppino Dallacosta – Laager - Teil 2