Erzählungen von Giuseppe Beppino Dallacosta – Laager - Teil 2

Untenstehend Anekdoten (in italienischer Sprache) von Giuseppe Beppino Dallacosta über einige Laager.
Danke Beppino, dass du deine Erinnerungen mit uns teilst.

GIOVANNI (Gian) CEOLAN 

Ecco a voi quanto mi ricordo di un noto viveur (uomo vissuto) di Laghetti negli anni '50-60. Era GIOVANNI (Gian) CEOLAN; un ex carabiniere, suonava la fisarmonica; uomo robusto, scapolo, di alta statura con un viso bonario, naso aquilino, di carattere mite, non avrebbe fatto del male a nessuno. Tanto per farvi capire di che pasta era: Un giorno entrò in un bar nel momento sbagliato; stava infuriando una lite e lui prontamente si lanciò verso i contendenti cercando di separarli, gridando: “Fermi tutti sono un carabiniere!” Non finì la frase che si prese un cartone (pugno) in pieno viso e stramazzò a terra semisvenuto. Non si seppe mai chi fu il colpevole di quel malaugurato gesto. Questo per farvi capire la sua voglia di pace tra le persone. Durante le vacanze lo aiutavamo in campagna a raccogliere le pere estive (peratole- decani de luglio ecc.). Aveva un triciclo sul quale caricava la frutta e la trasportava a casa. Non era un grandissimo lavoratore; era onesto però e ci pagava il dovuto. 
Gian era un gran buongustaio di donne. La sua proprietà confinava con la strada dirimpetto a casa nostra (c'è ancora un cancello in lamiera con indicate le sue iniziali G.C.). Da noi venivano diversi parenti a farci visita e quando sentiva una voce femminile lui osservava da un forellino creato nel cancello (el cucava) e quando vedeva una bella donna, lui prontamente usciva con un cesto di frutta o con dell’uva da porgere in omaggio a qualche cugina o ragazza giovane in visita da noi. Lui si poneva, di fronte ad una bella donna, con galanteria, la sua bocca si muoveva in modo particolare continuando a deglutire, con pomo d'adamo in continuo movimento. Era un chiaro desiderio prettamente mascolino. Provate a ricordarvi alcune scene del noto film ''Pane amore e fantasia'' in cui Vittorio de Sica, carabiniere, corteggia platealmente Sofia Loren. Ecco, Gian si poneva in modo analogo. Oggi un comportamento simile è fuori moda, ma allora funzionava.
Era autunno, tempo di raccolta della frutta e del granoturco (zaldo). Una sera, mia cugina, proveniente da Canazei venne a casa nostra a vedere il lavoro da fare col granoturco: dovevamo togliere le foglie (sfoiar el zaldo). Gian aveva notato la giovane, molto bella e si autoinvitò per aiutarci. Non le toglieva gli occhi di dosso; ad un certo punto le disse: “Signorina, prima di andare via vorrei un ricordo da Lei''. Mia cugina, prontamente gli porse una pannocchia di granoturco sfogliata Lui la prese se la strinse al petto e la portò con sé. Noi andavamo ogni tanto a casa di Gian ed un giorno, sbirciando con sguardo curioso nella sua stanza semichiusa vidi sopra il letto, appesa la ''mancia de zaldo'' accompagnata, ovviamente da posters di donne in posizioni succinte. Allora il nudo integrale non era ancora in voga.
In quegli anni ci fu un incidente stradale circa un chilometro a sud di Laghetti in prossimità di una curva ad esse (esiste ancora traccia) dove una cisterna carica di vino Marsala si rovesciò in un fosso. Ci fu un passaparola generale e molti Lagheri, con damigiane e contenitori di vario tipo, andarono a raccogliere quel ''nettare squisito'' che sgorgava dalla cisterna. Sicché tante cantine erano fornite di quel liquore semisconosciuto. Anche Gian se ne fece una buona scorta. Allora le cantine erano locali alquanto visitati.
Avevano casualmente scoperto che bevendo il nostro vino con il marsala recuperato, la sbornia era assicurata; un cocktail micidiale. C'erano dei turisti tedeschi alloggiati nei due alberghi e la sera quando capitava che alcune donne passeggiassero per il paese il nostro Gian, pronto, con un tedesco un pò stentato: “Kommen Sie bitte ...ich habe guter Wein.... In Keller.. ja. ja ..ja”. Loro in fiducia scendevano nella sua cantina e lì, ecco il trabocchetto, veniva offerto il noto cocktail.

 

KARL STIMPFL (1893-1959) 

Mi ricordo Karl Stimpfl anziano; ma io ora ho più anni di lui. Quando si è bambini le persone sono tutte più vecchie della realtà. Me lo ricordo seduto sulla panca sotto casa nostra assieme a Teresa Santuari e continuavano a parlare tra di loro menzionando magari vecchi ricordi. Io continuavo a razzolare vicino a loro (non stavo mai fermo). Karl era burbero ma non cattivo. Aveva sempre il toscano in bocca, non lo fumava ma lo masticava di continuo ed aveva i denti di color marrone. Un giorno mi disse ''vei chi !!” Mi avvicinai e lui, lesto, mise in bocca il dito pieno di poltiglia di tabacco e me la cosparse sulle gambe (avevo i pantaloncini corti); di corsa andai alla fontana a lavare quella robaccia puzzolente e lui se la rideva alla grande. Gli piaceva fare i dispetti come un ragazzino.
Teresa raccontava a mia madre (ed io ascoltavo), che quando Karl ebbe il figlio maschio, di nome Franz, sua moglie partorì ad Egna e lui, orgoglioso al massimo, prese quel neonato, lo afferrò alle caviglie e nudo lo allungò dalla finestra facendolo penzolare a testa in giù muovendolo come un pendolo e gridava a tutti i passanti ''Ecco il mio maschio!!!''
Lui era il trasportatore di Laghetti. Aveva una coppia di cavalli da tiro molto potenti; caricava il legname, proveniente da Cauria, sul grande carro con ruote di legno (non gommate), usando grossi stanti e col ''zapin'' faceva rotolare i tronchi scortecciati (bore) sul carro finché era ben colmo. I carichi venivano trasportati alla segheria Giacomuzzi di Egna. Capitava di rado che, quando mio padre si alzava la mattina presto per andare in servizio, notava che sotto casa nostra c'era il carro vuoto con i cavalli attaccati e Karl addormentato come un ghiro sul carro stesso. Avevamo capito una cosa; Karl quel giorno aveva ricevuto il pagamento dei trasporti effettuati e lui, dopo aver mangiato e ben bevuto, salito sul mezzo si era addormentato ed i cavalli oltre che forti erano pure intelligenti; da Egna se lo portavano a casa. Conoscevano la strada a memoria.
Avevo una zia residente a Trento, possedeva una cagnetta di nome Lola era bella di colore grigio pelo lungo e le era molto affezionata come una dama di compagnia. Lola aveva ormai i suoi anni ed un giorno mia zia vide che non stava bene. La portò dal veterinario, il quale diagnosticò una malattia incurabile e che quindi era da sopprimere. Oggi in casi simili fanno una puntura di curaro, l'animale non soffre e tutto finisce lì. Ma allora bisognava arrangiarsi alla meglio. Mi zia non sapeva che pesci pigliare e chiese consiglio a mio fratello, allora studente a Trento. Ci pensò e le rispose che forse c'era qualcuno disposto a adempiere il sacrificio. Gli raccomandò fermamente di affidarsi a persona che non la facesse soffrire. Chiese a Karl un consiglio e lui rispose in modo deciso: “Portela che la sistemo mi''. Un sabato, appena terminata la scuola prese da mia zia il cane che guaiva e mia zia sulla finestra di casa con le lacrime agli occhi, mentre mio fratello s'incamminava verso la stazione di Trento. Pagò il biglietto del treno per l'animale (lui aveva l'abbonamento) e scese a Magrè s'incamminarono verso Laghetti. Giunti a casa nostra, Karl guardò la cagnetta, la prese per il guinzaglio, entrò in casa, chiuse la porta e non sentimmo più nulla. Dopo qualche giorno, mio fratello rassicurò zia che tutto era andato per il meglio. Noi avevamo visto nel deposito del letame lì vicino (la busa dela grassa) qualche traccia di pelliccia ed aspettavamo che Karl ci riferisse qualcosa. Una mattina aprì la sua porta, lo vedevamo soddisfatto. Ci disse: “Era una specialità, bella grassa, si vede che vostra zia la nutriva bene, roba da leccarsi i baffi.'' (i baffi li aveva veramente). Non ce l'aspettavamo una soluzione simile, eravamo imbarazzati, ma lui con tutte calma aprì un armadio e ci mostrò dei vasetti di vetro pieni di una specie di pasta bianca. Chiedemmo lumi e lui col sorrisetto sulle labbra disse: “Questo è un ottimo condimento''. Era il grasso della cagnetta da usare, come una volta, a mò di strutto di maiale. Karl era anche un po' botanico e parte del grasso mescolato ad erbe medicinale lo utilizzava come pomata, chissà per curare cosa? Lui fungeva anche da veterinario e pure botanico.
Ritornando sull'argomento trasporti di legname, mi ricordo quando un giorno Adolf Cembran, bravo meccanico, (aveva l'officina vicino al vecchio pozzo) scomparso purtroppo ancora in giovane età, montò le nuove ruote del carro di Karl Stimpfl, sostituendo le vecchie, penso pure gli assali, con quelle di un camion, forse militare. Erano molto contenti di aver fatto un buon lavoro così si poteva guadagnare in portata, velocità del mezzo e meno fatica per i cavalli che ormai invecchiavano pure loro. Avevano in pratica lanciato il nuovo TIR marca Stimpfl trainato da cavalli veri anziché Diesel.
Karl, come detto, amava i cavalli e li conosceva pure bene. Osservava i loro occhi, apriva la bocca guardava i loro denti, notava come marciavano e capiva subito se avessero problemi. I suoi interventi erano richiesti per visitare cavalli. Un giorno mio zio Gustele Boscheri, dopo aver fatto curare dal veterinario il proprio cavallo non riusciva a guarirlo. Come ultima spiaggia chiamò Karl, il quale dopo averlo visitato a dovere preparò un liquido a base di erbe di sua produzione, del caffè e non so cosa. Aprirono la bocca del cavallo e gli fecero ingurgitare mediante un biberon questa medicina che provocò un'azione drastica da far espellere probabilmente delle sostanze tossiche ingerite. Bisogna tener conto che nei primi anni '50 i contadini irroravano i meli ed i peri con veleni sempre più potenti e capitava che il cavallo mangiasse qualche frutto intossicato caduto a terra. Erano dannosi pure alle persone addette in quanto non avevano maschere adeguate. Mi ricordo i due nomi di veleni potenti: Sysotx e 605.
Un giorno, era domenica, tutti a messa (granda) e durante la funzione si sentiva un mormorio. Tanti si giravano ed osservavano la porta laterale della chiesa. Era entrato Karl. Egli non partecipava mai alle funzioni e la gente, si sa, nota subito se uno è o meno osservante delle funzioni religiose. Dopo messa tutti uscirono e si formò un capannello di persone attorno a Karl, incuriositi sul perché di quell'atto. Con voce mesta dichiarò che i suoi cavalli si erano ammalati e nonostante le sue amorevoli cure non guarivano; aveva paura per la loro vita. Come si dice, il Signore guardò giù ed i cavalli guarirono. In fondo la fede ce l'aveva ancora. Se fosse andata male, avrebbe perso l'appalto dei trasporti; non era più giovane, come avrebbe potuto vivere altrimenti?
A fianco la foto di Karl Stimpfl scattata circa 60 anni fa, sembra abbia un secolo, vista l'acconciatura delle persone ritratte. Accanto a lui c'è Teresa Santuari (1877-1964). L’abbigliamento indossato era sempre lo stesso, sia di domenica che nei giorni di lavoro.
Su Teresa posso dire qualcosa. Era una donna molto arguta e sempre informata su quanto succedeva in paese, la cosiddetta ''radio scarpa''. Aveva una massima che diceva '”Astar a casa, sta a casa anca el portafoli”.
Karl viveva con suo figlio di nome Franz, una persona tranquilla, non l'ho mai visto arrabbiato. D’altro canto, vivere con un padre burbero non era proprio facile; per andare d'accordo bisogna avere caratteri diversi.
Karl lo vedevo come simbolo di forza. Da ragazzini si desiderava emulare le persone fisicamente forti. Quando in paese si assisteva a certi litigi si era sempre attratti. Oggi questi comportamenti sono pressoché scomparsi. Vedo però nei miei nipotini maschi un'attenzione per i dinosauri come esempio di potenza.
Tra me e Karl c'era sempre rispetto e non mi spaventava mai; ogni tanto intavolava argomenti un po' delicati ed io non li capivo; lui non insisteva e lasciava perdere il discorso.
Un giorno mi confidò una cosa che io lì per lì non recepii. Mi disse: “Senti, ho qualcosa in gola, penso di avere una malattia di cui temo di non guarire.” Quella confidenza non la dissi a nessuno.
Dopo poco tempo lasciò l'abitazione e dovette farsi curare. Dopo la sua scomparsa seppi che affrontò la malattia con grande forza e dignità. Accettava visita di qualche frate, ricevendo anche i Sacramenti. Terminò i suoi giorni senza mai lamentarsi. Fu sorprendente quella sua metamorfosi.
Ecco una persona che nella sua esistenza ha dovuto lottare con tutta la sua forza per potersi guadagnare da vivere e con grande spirito di adattamento nelle varie difficoltà incontrate.

I MACABRI DISPETTI DEI GIOVANOTTI ALLE RAGAZZE

Siamo agli inizi degli anni '30; c'erano delle sorelle molto belle; dicevano le più belle del paese ed abitavano nella casa più a sud di Laghetti (casa dall'Anzela), chi erano? Ovviamente le sorelle Girardi, assai corteggiate dai giovanotti locali; ma come spesso accade le donne molto desiderate, possono permettersi i fiori più belli e probabilmente i pretendenti di quel momento non andavano loro a genio. Cosa succedeva quindi? La simpatia poteva trasformarsi in rabbia vedendosi respinti. 
Ecco la vendetta.
Dette sorelle nei pomeriggi si recavano spesso in paese a fare delle commissioni o da parenti e, la sera, rientravano a casa.
Cosa escogitavano i giovani sentimentalmente inascoltati? 
Prendevano delle zucche rotonde molto grosse le intagliavano per far apparire gli occhi, naso e bocca con grandi denti, all'interno ponevano una grossa candela accesa ed il tutto fissato su dei pali. A completamento c'erano anche delle grosse catene. Questi manigoldi si sistemavano all'interno lato nord del cimitero vecchio; immaginiamoci la scena: era notte, le sorelle Girardi passano vicino al cimitero ed improvvisamente queste teste illuminate si alzano e si abbassano accompagnate da grida e ululati con rumore assordante di catene. Erano i morti che resuscitavano dalle tombe. Chissà che grida e batticuore patiti dalle sorelle terrorizzate. Era una scena “horror”. Sono stati dei precursori dei famosi fils di Dario Argento. Uno dei componenti era mio zio Gustele (1909-58), aveva un carattere sempre allegro ed anche dispettoso. Non so chi furono gli altri della compagnia bella.
Adesso queste manifestazioni vengono in un certo modo accettate in occasione della festa di Halloween - il 31 ottobre - o il Krampus la sera del 5 dicembre.

Foto: Fam. Hansela Johann Girardi senior - Schwester Girardi

OSWALD VERONESI

In ricordo del mio amico Oswald Veronesi.
Un aneddoto riguardante la campagna contro il fumo.
Era la fine del 1977 quando smisi di fumare; ero stufo di sentirmi schiavo della sigaretta. Tempo dopo vidi Oswald e gli raccontai la decisione presa e della sua efficacia soprattutto a livello fisico. Gli dissi; perché non provi anche tu a smettere? Lui mi guardò col suo classico modo di uno che non se l’aspettava una domanda simile. Mi disse testualmente: “Io fumo da troppo tempo (aveva incominciato molto prima di me) quando da ragazzino andavo a prendermi una bustina con 3 sigarette marca Giubek da Marchiodi”. Gli ribattei prontamente di provarci raccontai i benefici ottenuti dopo alcuni mesi di astinenza. Gli dissi a parte la migliore respirazione, avrai più forza muscolare e rimarcai ridendo; tutti i muscoli ne beneficeranno.
Qualche mese dopo lo rividi e mi disse di averci provato, però dopo poco tempo, riprese a fumare più di prima (capita quando uno ci ricasca). Ogni tanto quando ci vedevamo in paese glielo rammentavo, ma probabilmente non si sentiva ancora pronto per il salto. (Se si vuol smettere bisogna troncare di netto).
Passò qualche anno ed un giorno mi annunciò con grande sorriso di soddisfazione di avercela fatta. Aveva smesso da alcuni mesi, lo vidi sensibilmente ingrassato, ne discutemmo un po' e scherzando gli dissi: “Varda che el prosac non và portà davanti” e lui, dopo qualche imprecazione o bestemmia… non mi ricordo disse di aver incrementato l’appetito notevolmente. Comunque mi disse in modo deciso “Sonte sta brao o no a piantar lì??” Pretendeva da me una gratificazione per lo sforzo fatto. Gli risposi che era sulla strada giusta ma non era ancora fuori dal tunnel; la ricaduta poteva essere in agguato. Sempre scherzando gli ribattei: “Non sei ancora promosso… ti rimando a settembre” e ci ridemmo sopra.
Non volevo fare il professore e neppure di essere riuscito a farlo smettere; sicuramente se ci riuscì fu grazie alla sua grande volontà e probabilmente in quel periodo era pure sentimentalmente appagato; chissà, forse l’amore aveva contribuito in tal senso.
Ciao Oswald.

Foto: Oswald Veronesi mit Kappe, er war Präsident des ASV Laag

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